CLINIC, MASTERCLASS, SEMINARI Cui prodest?
- Ruggero "Roots" Pazzaglia The Drum Booster
- 26 ott 2015
- Tempo di lettura: 7 min

A tutti noi piace andare alle Drum clinics
Ciao collega.
Oggi voglio parlarti di un fenomeno "didattico" che riscuote un certo successo dagli anni 80 ad oggi e che, ovviamente, riguarda il nostro strumento. Sto parlando di una cosa chiamata all'inizio "Seminario", tranquillo che non ha niente a che vedere con la chiesa e i preti, poi il nome si è americanizzato trasformandosi in "Clinic", tranquillo che anche qui non hai a che fare con ospedali e medici, e, infine, ultimamente si è ancora tramutato in "Master class" che in effetti dà molto l'aria di essere una roba ad alto livello universitario.
Lasciando perdere il nome, voglio concentrarmi sul l'utilità e sull'evoluzione a cui io personalmente, ho assistito negli ultimi venticinque anni.
Parto dal mio inizio
Negli anni 80 ho partecipato tre volte a dei seminari a Ravenna nell'ambito della manifestazione Ravenna Jazz. L'incontro durava tre giorni e si svolgeva nel week end di Pasqua, da venerdì santo alla domenica. In quegli anni passarono, che io mi ricordi: Elvin Jones, Steve Gadd, Peter Erskine, Dennis Chambers, Omar Hakim. In pratica si stava per tre giorni chiusi in una sala ad assistere ad una lezione collettiva che durava 6/8 ore al giorno. Io ne ho fatte due con Erskine e una da due giorni con Chambers. Mi ricordo che eravamo parecchi ragazzi. Purtroppo non ricordo il prezzo e nemmeno dove andassi a dormire e a mangiare. Mi ricordo solo che andavo in treno, si vede che a quella età (intorno ai 20) certi dettagli non contavano molto... Mi ricordo però che ho conosciuto tanti ragazzi ma anche batteristi già affermati, che pendevano dalle labbra di questi americani. Non mi perdonerò mai di aver perso Elvin e Gadd. Posso dire che i due corsi con Erskine furono molto interessanti mentre quello di Chambers... da dimenticare. Poi negli anni ho partecipato ad altre clinic tra cui quella di Colaiuta ad Imola ne 1992 (mi ha segnato profondamente), Gary Husband (molto particolare essendo lui un pianista più che un batterista), Horacio Hernandez e Mike Mangini, Omar Hakim (unico, uno dei miei idoli di gioventù), Steve Smith (impareggiabile), Toomy campbel, Dom Famularo, Jojo Mayer (interessante, molto concettuale), ma nel frattempo ho partecipato a clinic di Walter Calloni con Stefano Cerri sulla sezione ritmica (esplosivi), Maurizio Dei Lazzaretti (un vero mago del timing), Gavin Harrison (un vero cecchino di precisione), Steve Hougton (una macchina da guerra) e altri ancora che ora non ricordo, e forse se non meli ricordo un motivo ci sarà pure...
E poi un giorno...
Avrai capito che ne ho visti tanti e ci ho anche investito dei bei soldini, poi un giorno qualcuno mi ha chiesto di fare una clinic, sì proprio a me. L'evento era il Tama Day del 2001. Io non avevo nulla a che fa re con Mogar, il distributore di Tama e Zildjian però pensarono a me per sostituire l'assenza di Alfredo Golino. Alla stessa Clinic partecipavano Steward Copeland (non sto scherzando), Furio Chirico e Giovanni Imparato. Quando mi informarono di queste compresenze dissi che se Copeland avesse suonato io non avrei partecipato perché mi sarei sentito troppo piccolo di fianco a lui (un concetto un po del cavolo però ero giovane e un po' cretino...). Mi risposero che Steward avrebbe fatto solo autografi e nessuna performance. Allora mi misi a pensare che cosa fare in quell'oretta a mia disposizione. Il primo obiettivo che mi posi fu: vorrei che i partecipanti andassero via con qualcosa alla loro portata su cui ragionare almeno per qualche giorno. Giunsi alla conclusione che non avrei parlato di tecnica, tanto prima di me si sarebbe esibito Furio (già il nome la dice lunga) che di tecnica ne ha da vendere, e poi, comunque, sarebbe stato ripetitivo. Allora decisi di portare un brano di apertura composto per l'occasione da me usando dei piccoli pezzi tratti da dei cd di percussioni da tutto il mondo uniti in una specie di viaggio fra ritmi binari e ternari su cui suonare la batteria. Poi avrei parlato di stili e avrei usato degli esempi sempre con basi musicali brevi che spaziavano dal pop al funk al latin alla fusion e al jazz. Poi chiusi l'intervento parlando di Ensemble TECHNIQUE e punti di risoluzione. Beh, con mia massima sorpresa, alla fine, mentre cercavo di smaltire l'emozione e la tensione accumulate, alcuni ragazzi vennero a complimentarsi con me perché finalmente andavano a casa con un po' di argomenti interessanti e utili su cui ragionare.
Nei giorni successivi la riflessione che mi girava in testa era: cavoli sono riuscito a far felici un po' di persone senza spaventarli con numeri di tecnica stellare che alla fine non lasciano sempre un segno positivo, anzi a volte scoraggiano i ragazzi facendoli sentire degli incapaci.
Ma allora a che servono?
Cui prodest?
Ultimamente ho diradato molto la mia partecipazione a questi eventi perché la maggior parte delle volte esco deluso dal fatto che non posso portarmi a casa elementi che possano servirmi a crescere, anzi, pare che tutto ruoti intorno a uno spot pubblicitario di marche di batterie e accessori annessi. Non sono molto contento di pagare per vedere uno spot. Oppure a volte, le clinic sono talmente brevi che l'artista mega non fa altro che suonare ciò che più lo diverte ma che spesso, ovviamente, è ad un livello talmente alto, che l'80% dei partecipanti non capisce cosa il nomone stia suonando e, chiaramente non ci sarebbe il tempo per spiegare quello che ha fatto e quale percorso concettuale c'è dietro.
Oggigiorno con l'aiuto del web tante cose che 20 anni fa sembravo armi segrete, ora sono facilmente reperibili sotto forma di video spesso gratuiti e quindi le clinic di certi grandi batteristi non rappresentano più quel momento unico a cui partecipare per carpire quei Licks che li hanno resi celebri.
Quindi a questo punto mi sorge una domanda: ma a che servono allora?
Beh la risposta mi è stata data più volte dal numero dei partecipanti nel caso in cui questi eventi siano a pagamento.
È doveroso fare una precisazione: i luoghi dove vengono tenute le clinic. Infatti nelle seppur poche, grandi città, l'affluenza è scarsa, al limite, e a volte oltre, la rimessa economica degli organizzatori. Mentre in provincia va molto meglio. Direi anche che le cose sono molto cambiate anche a causa del fatto che molti di questi personaggi hanno immesso sul mercato diversi dvd dove già fanno vedere tantissime cose che caratterizzano il loro stile, quindi se ho già pagato 30/40 euro per il loro acquisto, faccio fatica a dargliene altrettanti con il rischio di vedere le stesse cose. Se poi ci aggiungiamo che sono ormai pochissime le aziende che investono in operazioni costose come il finanziamento di un tour clinic del loro artista endorser, anche perché alcune di queste hanno un numero elevatissimo dì endorser, si può ben capire come mai il fenomeno si è un po' sgonfiato.
In definitiva la tendenza degli ultimi tempi è l'auto produzione di mini tour clinic che però hanno un costo piuttosto elevato per i partecipanti. Questo soprattutto perché il 90% degli artisti viene da oltreoceano. A casa loro ovviamente costano molto meno.
E noi? Dico noi italiani?
Vorrei però far puntare la tua l'attenzione su una cosa. Quante volte hai visto sti americani fare cose così distanti come livello da quello che già fanno da anni diversi artisti italiani? Sei sicuro che spendere 50 euro per andare a vedere due ore di gospel chops sparate dal drummer di moda del momento, oppure polipi che fanno ostinati impossibili mentre sopra ci fanno combinazioni che manco la calcolatrice gli astarebbe dietro sia una cosa imperdibile e di cui non puoi fare a meno? Forse non sarebbe meglio andare ad assistere a una giornata con un italiano che magari è un mago di tecnica (ne abbiamo tanti) o un altro che ha fatto decine di dischi e centinaia di concerti? Certo che se ci fosse una clinic di Colaiuta o Gadd o Sanchez, o altri monumenti storici del drumming moderno sarei lì anche io, ma quello che ti chiedo è semplicemente di capire se lo straniero di turno ha quella unicità che qui proprio non troveresti in nessun batterista italiano.
A me è capitato di vedere personaggi famosi fare dei seminari inutili ed estremamente noiosi (tipo Chambers, Mangini e quelli che non mi ricordo) e poi rimanere affascinato da artisti italiani che mi hanno lasciato a bocca aperta.
Pensa anche che da un batterista italiano potresti addirittura ottenere delle lezioni private durante le quali potresti approfondire gli argomenti esposti, cosa che con uno straniero sarebbe quasi impossibile. Soprattutto perché una clinic di anche 10 ore non può sostituire un vero corso completo live di persona con il batterista che ti ha colpito.
Vantarsi nel proprio curriculum di aver partecipato a 10 clinic di altrettanti artisti di fama non può voler dire che sai suonare bene! Significa solo che hai partecipato, magari hai carpito qualche bella idea, suggerimento o ispirazione, ma comunque non può essere garanzia di preparazione o capacità.
Concludo con una riflessione
Sarebbe molto meglio se le aziende italiane costruttrici o distributrici di strumenti musicali cominciassero a focalizzarsi di più sugli italiani perché gli anni 80 e 90 sono passati da tanto tempo e il gap fra gli italiani e gli stranieri, soprattutto americani, si è ridotto tantissimo e sicuramente andando avanti col tempo sparirà.
Un piccolo appunto al sistema del circuito italiano però vorrei farlo. Credo che la grande differenza di popolarità, e di conseguente affluenza alle MASTERCLASS, fra gli italiani e gli stranieri, risieda soprattutto sulla qualità dell'esposizione mediatica dei singoli artisti. E qui mi rivolgo a chi dovrebbe investire nel finanziamento ripetuto nel tempo sulla produzione di materiale gratuito soprattutto in video, dei propri artisti. Non basta, secondo me, fare qualche bel video una tantum dove il batterista fa un solo. Ci vorrebbe una pianificazione annuale di produzione e poi una sistematica diffusione del materiale prodotto, sui Social, sui blog e su qualsiasi veicolo on line a cui i ragazzi stanno attaccati tutto il giorno. Gli artisti andrebbero anche fatti parlare, raccontare un po' della loro storia (le storie piacciono molto a tutti) etc. Mi sembra che più che la mancanza di fondi ci sia mancanza di voglia/intelligenza strategica di fare. Oggi produrre video costa molto ma molto meno di 10 anni fa. E le campagne video per il web non richiedono la qualità e i budget di un dvd. Il terreno del web è diverso dal quello delle produzioni dei Dvd.
Non proseguo perché non è questa la sede per parlare di marketing, soprattutto perché il Web marketer non è il mio mestiere. ..
Dico solo che abbiamo batteristi eccezionali con qualità tecniche e musicali che poco hanno da invidiare al 98% dei batteristi americani.
La missione degli artisti che oramai hanno superato i 60 e che hanno cavalcato i magnifici anni 70 e 80 è quella di raccontare quella storia unica. La storia di un periodo che non tornerà più e che in Italia è stato molto diverso che nel resto del mondo. Un periodo in cui tutto ciò che ascoltiamo e suoniamo ora è nato e si è sviluppato. Ma come si fa a farsi scappare questa conoscenza? Dovrebbero tenere conferenze nelle scuole e nelle università e dovrebbero avere l'opportunità di tramandare questo bagaglio che le generazioni successive non hanno e, se posso permettermelo, si sente purtroppo.
Grazie per l'attenzione è il tempo dedicatomi.
Spero di vederti presto dietro i tuoi tamburi
Ciao
Ruggero
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