SCUOLE E INSEGNANTI
Lo ammetto, ho studiato tanto la batteria. L’ho fatto perché sono un maniaco di questo strumento da quando avevo 8 anni. Mettevo la testa nei fusti per annusare l’odore della colla. Per me, il drum set è un’opera d’arte che starebbe benissimo come oggetto di arredamento in salotto. Un giorno comprerò il set Gretsch di Phil Collins e l’esporrò in soggiorno!
Ma torniamo all’argomento.
Il C.P.M. e Walter Calloni
Sede attuale


La prima scuola cui m’iscrissi, all’età di 19 anni, fu il Centro Professione Musica di Milano. Lo feci perché ero un fan sfegatato della PFM e adoravo il duo Di Cioccio-Calloni. Come modello di band, per me erano i Genesis italiani, tenendo conto di due o tre analogie che però non riguardano la musica. La scuola fu fondata da una branchia della band e, infatti, l’insegnante di batteria era proprio Walter Calloni.
Confesso che a malapena tenevo il tempo. Feci l’audizione con Walter Calloni che, giustamente, mi mise al primo anno – suonavo a orecchio da sei anni, non sapevo nemmeno cosa fosse un paradiddle e non conoscevo Gadd o Tony Williams. Frequentai per due anni il suo corso e, dopo la parentesi nell’esercito, diventai suo allievo privato. Le sue lezioni erano micidiali, duravano due o tre ore, anche se continuavo a pagarne solo una. Ma se lo faceva, forse era perché in me vedeva qualcosa su cui valeva la pena lavorare.
Infatti, a un certo punto, mi disse: «Se vuoi imparare a suonare bene il Jazz devi andare dal maestro Enrico Lucchini» – che io non sapevo nemmeno chi fosse.
Quindi, un insegnante che consiglia a un suo allievo di andare da un altro? Oggi sarebbe definito un folle, perché rischiare di perdere un allievo? Forse Calloni non è in grado di insegnare Jazz? No. Lo fece perché sapeva che io sarei stato in grado di sostenere due corsi contemporaneamente. E così fu, doppio corso!
Apro una piccola parentesi sul mio breve periodo con Lucchini, dove incontrai Giuseppe Pucci – un altro drummer che oggi vive in Florida –: è stato piuttosto corto, nemmeno due anni in cui non imparai molto, poichè mi fece perdere tempo a imparare a usare la traditional grip, mentre io avevo sempre usato la matched; non assorbii molto, quindi, da lui, perché ero in grande difficoltà con la mano sinistra. Una cosa buona che mi è rimasta è il colpo sul ride. In sostanza, ho pochi elementi per dire se fosse o no un grande dell’insegnamento, aveva anche un carattere poco facile, ma alla fine gli stavo simpatico, ma proprio alla fine.

Tornando a Walter, un giorno mi chiese: «Perché non vieni con me a vedere il Lugano Jazz Festival? Ci sono i Brecker Bros con Lenny White alla batteria.» Potete immaginare come mi sia sentito: io ero un ragazzo di provincia timido che aveva come idolo Calloni – in oratorio tentavamo di suonare i pezzi della PFM, con risultati pessimi –, che andava a un concerto con lui. Salii sulla sua auto – Volvo Polar – e andai a Lugano, non male direi!
A un certo punto mi disse: «Devi iscriverti al CPM per fare musica d’insieme con Tony Mims, un genio!». Così m’iscrissi e frequentai musica d’insieme, non ricordo se fosse il ’90 o il ’91.
Poi Walter mi disse: «Per fare il grande salto dovresti andare a studiare in America, alla Berklee o al PIT.» Parliamo del ’93! Non c’era internet, c’erano solo delle mega brochure in inglese che alcuni messi di queste scuole portavano in Italia, tipo ai corsi estivi di Umbria Jazz. Prima di partire, grazie a tutti i consigli di Walter, trovai il mio primo ingaggio in una delle maggiori cover band del pavese, che mi portò a guadagnare tre milioni di lire al mese! Questo era il mio primo ingaggio, non male vero? Facevano parte di questa band Eugene Rutherford – fu lui a segnalarmi alla band, poichè ci conoscevamo e frequentavamo durante il periodo scolastico – Fabio Balestrieri, che era tornato di recente da Los Angeles – dove aveva studiato proprio al Musician Institute – e un tastierista di cui non ricordo il nome e gli chiedo perdono per questo (era il 1992).
Poi partii per gli USA.
